Per gli animali:
La motivazione più forte è il rispetto per la vita di tutti gli esseri viventi. Gli animali sono esseri senzienti, intelligenti, sociali e capaci di sensazioni ed emozioni. Allevamenti e macelli procurano loro indicibili sofferenze: galline ovaiole inscatolate in gabbie che impediscono loro i movimenti, maiali brutalmente mutilati e ovviamente senza anestesia, pulcini maschi di galline ovaiole tritati vivi perché inutili alla produzione. Sono solo pochissimi esempi di ciò che legittimiamo ogni giorno scegliendo di consumare prodotti animali. Gli animali sono sfruttati in molti ambiti e non solo in quello alimentare.
Essere vegani vuol dire non accettare alcun tipo di sfruttamento e sofferenza perché il diritto alla vita, una vita dignitosa, è di Tutti.
Per il pianeta:
Nel 2010 l’ONU ha dichiarato per la prima volta che l’allevamento intensivo è fra le cause primarie di inquinamento ambientale e del riscaldamento globale (paragonabile all’uso di combustibili petrolchimici) e che il pianeta può essere salvato attraverso una dieta priva di prodotti animali. Gli allevamenti intensivi emettono la maggior parte dei gas serra di cui si fa carico la nostra atmosfera, la ricerca di nuovi pascoli per soddisfare il fabbisogno del mercato crescente sono la prima causa di deforestazione, con i conseguenti danni per la biosfera e per la biodiversità. La pesca intensiva depaupera i mari ogni giorno, non solo sterminando intere specie, ma causando seri problemi all’equilibrio degli ecosistemi.
Per l’umanità:
Anche la fame delle popolazioni più povere è una causa dell’egoismo di pochi: per avere nelle nostre tavole un filetto di vitello da 1kg, servono 25 kg di cereali, i quali potrebbero invece essere impiegati direttamente. Non serve grande immaginazione per comprendere quanta gente potrebbe essere sfamata. Per lo stesso Kg di carne occorre usare 10.000 litri di acqua, quando per ottenere un kg di fagioli ne servono solo mille. Uno spreco assurdo di risorse per un cibo non necessario destinato ai pochi ricchi della Terra.
Per la salute:
L’uomo non nasce come cacciatore: non è stato dotato dalla natura di armi, non ha artigli e non ha la dentatura di un carnivoro, ha invece molari simili a quelli dei suoi cugini primati, perlopiù frugivori. La sua saliva inoltre è di tipo alcalino, adatta a scomporre cibi vegetali, e l’intestino non è corto come quello dei carnivori, ciò significa che non può eliminare velocemente la carne, che infatti comincia il processo di putrefazione liberando sostanze tossiche. Miti dello scorso secolo vogliono l’alimentazione umana ricca di proteine animali per la crescita, per il ferro e per il calcio. Studi decennali hanno evidenziato invece come non solo si può vivere senza prodotti di origine animale, ma il nostro stato di salute migliora notevolmente.
L’alimentazione vegan non solo è salutare ma anche varia e gustosa per questo scegliere di vivere vegan non è assolutamente una rinuncia ma un arricchimento personale e il modo più concreto per dire no a sfruttamento, sofferenza e uccisione di miliardi di vite innocenti e per rendere questo nostro mondo un mondo più giusto per Tutti!
…ma nemmeno il latte? No.
Una volta capiti i meccanismi di produzione del latte vaccino, è davvero difficile rimanere impassibili e continuare a berlo o consumarne i derivati. Per produrre il latte a noi destinato, le mucche hanno bisogno di rimanere incinte. Il tutto avviene senza alcun rispetto della loro natura. Dall’età di due anni, esse infatti sono periodicamente inseminate con metodi artificiali. Una volta portate a termine le gravidanze, i vitellini sono strappati immediatamente dalle madri (provocando in entrambi un grande trauma) e rinchiusi in piccoli box affinché non ne bevano il latte. Se il vitellino è maschio la sua vita sarà breve. Passerà quei pochi mesi solo e senza potersi muovere per mantenere la sua carne tenera come piace ai consumatori. Se nasce una femmina, il suo destino sarà quello della madre. Dovrà produrre una quantità di latte pari circa a dieci volte quella che sarebbe stata necessaria ai suoi vitelli, fino a quando, sfinita (a sei-sette anni circa), verrà trascinata al mattatoio ormai improduttiva. In natura avrebbe potuto vivere più di vent’anni.
…e le uova…? Nemmeno.
Prima di tutto un vegano non accetta la sofferenza né l’uccisione di alcun essere vivente. Diversi sono i motivi per i quali scegliere di non comprare più le uova. Tralasciando gli effetti che il loro consumo ha sulla nostra salute, le galline, siano esse allevate “in batteria” (in piccole gabbie) o “a terra”, finiscono la loro vita al macello. Il primo numero stampato sulle uova ne indica la provenienza. Purtroppo i più diffusi sono il “3” ed il “2”. La categoria “3” comprende le uova provenienti da galline allevate in piccole gabbie metalliche che ne possono contenere fino a dieci. Gli animali che passano la loro vita in queste condizioni, non essendo nati per vivere e “camminare” sopra delle grate, soffriranno molto per le inevitabili ferite a zampe ed artigli. Come se non bastasse, da pulcini, verrà tagliata loro una parte del becco (senza anestesia) per evitare gravi episodi di violenza dovuti allo stress per le condizioni di vita. Il numero “2” indica invece che le uova provengono da galline allevate “a terra”, che non significa per forza “meglio”. Gli animali, infatti, pur non essendo rinchiusi in gabbia, sono ammassati a migliaia sui pavimenti dei capannoni, dove il contatto con le deiezioni provoca loro gravi infezioni agli arti inferiori. Anche le galline ovaiole provenienti dalle altre due categorie (“1” e “0”) saranno state protagoniste di una dura selezione. Come per quanto accade coi vitelli maschi, inutili alla produzione del latte, la metà dei pulcini nati, quelli di sesso maschile, verrà eliminato con metodi diversi (senza anestesia) il giorno stesso in cui vedrà la luce.
…ma il miele sì, dai! …E invece no…
A parte il fatto che il miele non è un alimento indispensabile nell’alimentazione umana, purtroppo anche la sua produzione comporta lo sfruttamento e la morte prematura di miliardi di animali. Per quanto riguarda quello prodotto a livello industriale, è facile intuire che il rispetto per la vita delle api, in quell’ambito, non venga considerato, ma anche se si parla di piccoli produttori, inevitabilmente, verranno uccisi un numero di animali, che è sicuramente inferiore al primo metodo citato. Le api regine, in entrambi i casi, vengono tenute in vita fino a quando cala il numero di uova deposte. Se in natura possono vivere fino a cinque anni, quelle allevate, spesso, vengono sostituite ogni due anni. Esse vengono inseminate artificialmente, poiché la decapitazione del maschio provoca l’eccitazione sessuale e la fuoriuscita sicura dello sperma. Come se non bastasse il miele prodotto non è quella sostanza così genuina come cercano di farci credere. Le api infatti durante l’inverno vengono nutrite con lo sciroppo di zucchero, il quale, in aggiunta con diversi antibiotici, debilita il loro organismo e provoca loro diverse malattie che ne abbassano la durata della vita. Quando infatti si presenta una qualche malattia, gli alveari vengono completamente distrutti assieme alle api.